Varicocele

Fino a pochi decenni addietro si pensava che il varicocele fosse un problema presente solo nei maschi adulti e che un terzo degli uomini con problemi di sterilità (15-20% di tutti gli uomini con varicocele), erano affetti da varicocele.
D’altra parte, nei pazienti nei quali il varicocele era stato curato chirurgicamente, erano migliorate sia le caratteristiche dello sperma che i tassi di gravidanza. Queste osservazioni confermavano un rapporto di causa effetto tra varicocele ed infertilità.

Durante gli anni ottanta si accertò che il varicocele inizia durante l’adolescenza e la pubertà, che non scompare spontaneamente e che se curato può far recuperare il ritardo di crescita dei testicoli.

Uno studio danese risalente al 1971 su 188 bambini di età compresa tra 6-9 anni aveva escluso la presenza di varicocele in questa fascia di età. Infatti il varicocele compare alla pubertà con percentuali crescenti con l’età fino a raggiungere il 15-16% di incidenza propri dell’età adulta. Nondimeno, questa incidenza era calcolata solo sull’esito dell’esame clinico. Infatti, l’associazione esame clinico ed eco-color-Doppler (indagine che rileva la presenza di reflusso venoso nei vasi spermatici) fà balzare a quasi il 43% l’incidenza del varicocele nella fascia di età 12 – 18 anni.
Per quanto riguarda la distribuzione per gradi il 60% è di grado I, il 27% di grado II ed il 13 % di grado III. Il varicocele non si aggrava in genere col crescere dell’età perchè spesso il grado rilevato alla diagnosi iniziale non peggiora nel tempo.
Tuttavia, considerata l’elevata incidenza del varicocele nella popolazione adulta maschile (15%) e che comunque il 60-80% di questi è fertile, il dilemma ancora oggi è se e come è possibile prevedere quali di quegli adolescenti con varicocele potrebbero da adulti avere problemi di infertilità e, quindi, beneficiare di un intervento precoce di varicocelectomia.

Il varicocele è un dilatazione anomala delle vene (varici), più frequentemente quelle del plesso pampiniforme anteriore, che nascono all’interno dello scroto a ridosso del didimo e dell’epididimo e che risalendo nel funicolo spermatico, confluiscono tra di loro fino a realizzare un tronco unico, la vena spermatica interna (VSI), che sbocca a sinistra nella vena renale mentre a destra nella vena cava inferiore.

Raramente il varicocele risulta essere sintomatico (3%). Il varicocele è a sinistra nel 90% e bilaterale nel 10% dei casi. Generalmente quando si apprezza un varicocele a destra questo è associato ad un varicocele controlaterale. Raramente interessa solo il lato destro ed in questi casi è sempre opportuno escludere la presenza di una massa retroperitoneale. La patologia è da attribuire alla incontinenza delle valvole venose, ed è presente quasi sempre a sinistra per la inserzione perpendicolare della vena spermatica interna nella vena renale di questo lato condizione che determina una pressione idrostatica maggiore.

La classificazione del varicocele primitivo su base clinica più utilizzata è quella di Dubin e Amelar del 1970 che valuta la presenza del pacchetto varicoso in condizione di riposo o sotto aumento della pressione addominale come con la manovra di Valsalva:

Grado 0 o subclinico: non visibile né palpabile; apprezzabile solo su base strumentale;

Grado I: varicocele palpabile solo durante manovra di Valsalva;

Grado II varicocele palpabile in ortostatismo ed in condizione di riposo;

Grado III: varicocele apprezzabile all’ispezione (visibile) in condizioni di riposo (fig 1).

Varicocele di III grado in adolescente

 

DIAGNOSI

Il varicocele è una patologia asintomatica e quindi durante l’adolescenza la sua scoperta avviene spesso in occasione di visite mediche di routine per attività sportive o scolastiche. Una volta la visita di leva rappresentava un “filtro” per la diagnosi del varicocele. A volte, invece, il giovane può notare una massa scrotale o un gonfiore, oppure accusare un fastidio o un disagio come un senso di pesantezza o gravativo nello scroto, soprattutto dopo l’esercizio fisico o dopo stazione eretta prolungata. In generale, il gonfiore scrotale associato al varicocele è indolore. L’esame clinico dei genitali del maschio deve essere eseguito mentre il paziente è in piedi, idealmente in una stanza calda. Molti varicoceli potrebbero sfuggire alla diagnosi se il paziente venisse esaminato in posizione supina, perché le vene dilatate in questo caso si collassano.

Come detto precedentemente, il varicocele di III grado sarà evidente già all’ispezione come una distensione dello scroto, a volte piuttosto ampia, sopra e posteriormente il polo superiore del testicolo con il tipico aspetto serpiginoso delle vene dilatate. Il varicocele di II grado, invece, sarà non visibile ma palpabile dando la sensazione  di un sacchetto di vermi. Per rilevare il varicocele di I Grado occorrerà invece palpare il funicolo a ridosso del testicolo afferrandolo tra pollice ed indice per apprezzare la comparsa delle vene varicose e/o l’aumento di consistenza del reticolo venoso mentre il paziente tossisce, ponza o compie la manovra di Valsalva. L’esame clinico dovrebbe essere completato con il paziente in posizione supina, confermando che le vene dilatate scompaiano (cosa che non avverrebbe in presenza di una massa solida).

Una volta posta diagnosi clinica di varicocele, dovranno essere calcolati mediante ecografia i volumi di entrambi i testicoli. Se non c’è discrepanza di volume tra le due gonadi ed il paziente è asintomatico, è ragionevole seguire con esame clinico ed ecografico annuale per monitorare la crescita del testicolo durante la pubertà. Completata la pubertà, sarà opportuno eseguire uno spermiogramma per valutare numero, motilità e forma degli spermatozoi. Questa raccomandazione è indipendente dal grado del varicocele, perchè sia l’ipotrofia che le alterazioni dello spermiogramma non sono correlati al grado di varicocele.

Considerato che in epoca pediatrica non è possibile ottenere informazioni dall’analisi del liquido spermatico (lo spermiogramma andrebbe effettuato solo dopo i 18 anni di età) l’indicazione al trattamento chirurgico del varicocele sono l’ipotrofia del testicolo (meglio valutabile con studio ecografico), la presenza di sintomatologia (dolore, fastidio, etc), la forma bilaterale, il varicocele in monorchide e quello di III grado.

In passato una riduzione del volume del testicolo sinistro rispetto al destro di 2-3 ml o più era considerata importante ed il ricorso alla correzione chirurgica migliorava il rapporto volumentrico nell’80% dei casi. Attualmente si fà riferimento allo scarto in percentuale tra le due gonadi per cui una differenza del 10% o superiore  nell’adolescente lo pone potenzialmente a rischio di infertilità ed obbliga ad una stretta sorveglianza e/o alla correzione chirurgica del varicocele.

TRATTAMENTO CHIRURGICO
Scopo del trattamento chirurgico è:

  • eliminare il varicocele interrompendo il reflusso di sangue venoso verso il testicolo;
  • ridurre il rischio delle complicanze quali la recidiva del varicocele stesso, la formazione di un idrocele o l’atrofia del testicolo.

Tale obiettivo può essere realizzato mediante l’isolamento e la sezione.

Tra le procedure chirurgiche vanno annoverate quella di Ivanissevich che prevede un approccio al funicolo spermatico attraverso una incisione simile a quella per il trattamento dell’ernia inguinale con isolamento del funicolo e, quindi, della VSI che viene sezionata tra legature (Foto 2).

Legatura della vena spermatica interna all’anello inguinale profondo

La tecnica di Palomo, invece, si prefigge un approccio più prossimale ai vasi spermatici attraverso un’incisione a livello della spina iliaca anteriore superiore e la localizzazione della VSI al di sopra dell’anello inguinale interno in posizione retroperitoneale. A questo livello il deferente non accompagna i vasi spermatici e quindi è nullo il rischio di provocare lesioni.

Il procedimento chirurgico non è privo di complicanze, le principali delle quali sono rappresentate da:
– recidiva del varicocele (16% dopo Ivanissevich; 13,6% dopo Palomo con preservazione dell’arteria spermatica)
– idrocele reattivo (3-8.6% dopo Ivanissevich ; 7% dopo Palomo).

Complicanze rare:
– atrofia testicolare
– danno al dotto deferente
– emorragia
– infezione della ferita chirurgica.

La comparsa dell’idrocele è legata alla sezione dei vasi linfatici che decorrono insieme ai vasi venosi.

L’intervento può essere realizzato anche con tecnica laparoscopica che prevede, attraverso un approccio mini invasivo addominale, la legatura e la sezione della VSI simile all’intervento di Palomo. Anche i risultati con tecnica laparoscopica sono analoghi a quelli per via tradizionale ma è particolarmente interessante nei casi di varicocele bilaterale.
I radiologi interventisti hanno messo a punto delle tecniche per il trattamento del varicocele utilizzando la scleroterapia o l’embolizzazione delle vene spermatiche.

In particolare vengono utilizzate due tecniche:
1. Scleroterapia anterograda o tecnica di Tauber;
2. Scleroembolizzazione percutanea per via retrograda tramite cateterismo
venoso secondo Seldinger con accesso femorale o brachiale destro.

Questo tipo di approccio, per definizione, elimina il rischio di interrompere il flusso arterioso ed il drenaggio linfatico. Nell’adulto, inoltre, questi trattamenti possono essere fatti in anestesia locale il che, ovviamente, è un vantaggio. Tuttavia anche con questa tecnica il rischio di recidiva è compreso tra il 5-20% e la comparsa di idrocele (14% circa) risulta essere più alta rispetto all’approccio chirurgico.
Tale procedura necessita la somministrazione di un mezzo di contrasto che, pur se raramente, può presentare reazioni avverse, ed inoltre, essendo una procedura radiologica, espone il giovane a radiazioni ionizzanti anche se a basso dosaggio. Considerato che nell’adolescente questo trattamento necessita di una anestesia generale e che le complicanze sono anche superiori rispetto alle tecniche chirurgiche, non è routinariamente utilizzato nel trattamento del varicocele a questa età.

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